LA REPUBBLICA DEL BURUNDI
Stato dell’Africa Centrorientale, privo di sbocco sul mare, confina a Nord con il Ruanda, ad est con la Tanzania ed ovest con il lago di Tanganica, che lo separa dalla Repubblica Democratica del Congo.
La Capitale è Bujumbura, la città più importante, con un’importante Università.
Il clima tropicale è moderato dall’altitudine. La media annua della temperatura è di 21,1 °C nella regione dell’altopiano e di 24,4 °C nell’area della Rift Valley. Le precipitazioni sono relativamente scarse e nella regione più secca (da maggio ad agosto), il Burundi è spesso colpito da siccità.
Le lingue ufficiali sono il Kirundi e il Francese, ma è molto diffuso anche lo Swahili.
Religione I due terzi della popolazione sono di religione cristiana, principalmente cattolica, mentre l’1% è musulmano e la restante parte segue religioni tradizionali.
Il Burundi era considerato il giardino della Chiesa in Africa con oltre l’80% della popolazione cristiana. La guerra civile che ha travolto il paese, non è riuscita a spegnere la speranza nel cuore di coloro che amano questa terra, se non fosse per i missionari italiani, i nomi di Kamenge e dei Quartieri Nord di Bujumbura sarebbero associati solo alla guerriglia e ai rastrellamenti che per anni hanno stravolto questo paese. Quanti, per colpa della guerra, hanno perso la propria casa, sono stati uccisi o sono fuggiti per trovarsi a vivere da profughi. Nella maggior parte dei casi i conflitti nascono per il controllo delle materie prime, ma s’innestano anche su odi tribali o religiosi e finiscono con il distruggere le già scarse risorse economiche del territorio. A lungo sottoposto al dominio coloniale, il Burundi diventò indipendente nel 1962, in seguito ad un colpo di Stato, fu instaurata la Repubblica, la cui vita è stata caratterizzata da un acceso conflitto tra HUTU e TUTSI, che dura tutt’ora. Il principale gruppo etnico è costituito dagli HUTU, gente di lingua bantu che rappresentano l’83% della popolazione, cui si aggiungono i TUTSI (14%) e i TWA un gruppo pigmeo (1%). Anche se numericamente inferiori i Tutsi hanno dominato la vita politica, sociale e militare del paese sin dal loro arrivo nel XV secolo, i tentativi di mantenere questa egemonia nel XX secolo hanno generato alcuni tra gli scontri più interetnici più cruenti mai verificatesi in Africa.
Padre Claudio Marano, fondatore della missione, insieme ai confratelli Marino e Victor Ghirardi (che morì nel 1994), andò a Bujumbura, capitale del Burundi, e realizzò un “Centro Giovanile” nel bel mezzo dei quartieri dove la tensione etnica era più forte. L’idea era di creare un luogo dove i giovani di diverse etnie (Hutu o Tutsi, cattolici o musulmani) potessero giocare, studiare, vivere insieme. Il “Centro Giovanile” fu inaugurato a Pasqua del 1992 e neanche un anno dopo scoppiò la guerra civile che in poche settimane provocò 150.000 vittime. Nel 1993 ci furono le prime elezioni dove vinse il partito a maggioranza Hutu (quasi l’85 per cento della popolazione), ma Governo ed esercito sono sempre stati in mano ai Tutsi. La leadership di Melchior Ndadaye durò poco, perché nell’ottobre dello stesso anno fu ucciso e si scatenò un’altra guerra civile, un conflitto che non è più finito, neanche dopo il colpo di Stato che portò al potere il presidente Tutsi, Pierre Buyoya. Ora le vittime sono più di 200.000, ma i missionari, fin dallo scoppio della guerra civile, sono rimasti sempre lì con i giovani del Centro, anche quando hanno subìto un vero assalto da parte dei militari o quando nel 1998 l’intero quartiere di Kamenge è stato raso al suolo, non hanno mai abbandonato il loro sogno di tener uniti i giovani del Burundi. E così, con la loro testimonianza di amore quotidiano, hanno vinto la diffidenza iniziale della gente del luogo.In Burundi, nonostante l’istruzione sia gratuita, ma non obbligatoria, per i ragazzi dai 7 ai 12 anni d’età, il tasso di alfabetizzazione è del 64,4% (dati del 2001).
La speranza di vita alla nascita raggiunge appena i 45 anni.
Per questo il Centro rappresenta oggi la più importante realtà giovanile del Burundi, con circa 1.500 giovani presenti ogni giorno, un’intensa attività pastorale e di promozione umana a tutto campo, dalla sensibilizzazione sull’AIDS alla scuola d’alfabetizzazione; dalle attività sportive ai corsi d’informatica, dattilografia, lingue. E, ancora, il lavoro sul territorio di 26 animatori, impegnati sia a sostenere le Associazioni (110) del Burundi, sia l’educazione alla pace a alla riconciliazione.
Negli ultimi anni il Centro ha promosso un’ultima grande iniziativa: i campi di lavoro per la pace e la ricostruzione che ha permesso di aiutare le famiglie a rientrare nei Quartieri Nord ricostruendo loro la casa. Ne sono state ricostruite già 300, ma ce ne sono da rifare ancora più di 4.000 e per questo serve anche il vostro aiuto, perché da soli i missionari, con le loro poche risorse economiche, non ce la fanno.
Il sostegno a distanza consente ai missionari Saveriani di distribuire mensilmente alle famiglie che accolgono i bambini rimasti orfani di entrambi i genitori cibo, medicine, vestiti e materiale scolastico. Gli aiuti vengono distribuiti personalmente da Padre Luigi Vitella, Missionario Saveriano in Burundi da quasi 40 anni, e dalla sua equipe formata da giovani burundesi.
Lettera di Padre Luigi Vitella – Kamange 2003
“ Il Burundi è un paese in via di sottosviluppo, ma non in tutto. In molti settori siamo andati indietro e molto. Mentre invece si è sviluppato il senso critico della gente, fino all’estremo della diffidenza verso tutti quelli che sono in alto. Siamo quindi ancora giù come livello di vita e di malattie ed è una ragione in più per essere presenti in mezzo a questa gente per fare quel che si può fare per la loro sopravvivenza ed in particolare per la sopravvivenza dei bambini e dei giovani che sono il futuro del mondo. In tutte le città del Burundi si incontrano bambini di strada. Alcuni di loro gironzolano cercando e facendo piccoli lavoretti o sono coinvolti in piccoli crimini. Di notte rimangono in strada: dormono tutti insieme, avvolti in cartoni, riscaldandosi a vicenda. Questi bambini non sono necessariamente orfani. Alcuni scappano da casa perché trattati male, altri perché pensano che la vita di strada sia più facile. Solo una parte dei bambini di strada non ha davvero un posto in cui andare e la strada diventa la loro casa. I Centri di Accoglienza hanno lo scopo di accogliere temporaneamente bambini orfani e bambini in difficoltà che non hanno nessun posto dove andare e vivono in strada. I bambini dovrebbero stare in queste case il minor tempo possibile e poi essere reinseriti o nella famiglia di origine (extended family) oppure in una famiglia adottiva/affidataria. La prima fase del progetto consiste in attività in strada. Gli operatori escono la notte per andare a trovare i bambini e i ragazzi che dormono sulla strada. Portano loro qualcosa da mangiare, te caldo e cercano di instaurare, attraverso giochi e chiacchierate, un rapporto di fiducia. Gli operatori propongono ai bambini e ragazzi di entrare nei Centri di Accoglienza, una casa dove potranno trascorrere la notte, mangiare, lavarsi, andare a scuola ed avere cure mediche. Ce ne sono tanti, bambini e giovani, tanti che voi non potate immaginare, sulle strade, sulle colline, proprio da dire “ovunque lo sguardo si giri, vedo bambini” Cosa fare?
Il lavoro che mi sembra più importante è quello di formare i formatori di bambini e giovani. Stiamo vedendo di organizzare la formazione dei giovani che non possono continuare gli studi affinché imparino a non cadere nelle trappole della violenza. Per i bambini orfani, abbiamo già preso una zanzariera che è forse il miglior preventivo contro la malaria, prima causa di morte, qui.”.
Contro la guerra ben poco si può fare, ma, possiamo aiutare chi soffre per colpa di quei pochi che sono al potere, possiamo e dobbiamo aiutare soprattutto i bambini a vivere prima di tutto, a curarsi, e poi a studiare perché loro, quelli che sopravvivono anche grazie ai vostri aiuti, possono cambiare in meglio questo Paese.
Chi aderirà a questo progetto di sostegno a distanza sarà abbinato direttamente ad un bambino/a, ricevendo una scheda dossier con foto e dati del minore, e periodicamente lettere scritte direttamente dal responsabile del centro di accoglienza profughi, Padre Luigi Vitella.